Direzione regionale Musei Veneto

IL MUSEO SI RINNOVA

 

Nel biennio 2023-2024 la Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro è sottoposta a un generale intervento di restyling e update espositivo, finanziato dalla Fondazione Venetian Heritage. Il progetto di rinnovo porterà – al termine dei lavori architettonici preliminari - a una revisione complessiva dell’attuale assetto espositivo e a una ottimizzazione dei percorsi di visita che si snodano tra la corte monumentale, l’edificio principale di Ca’ d’Oro e l’attiguo Palazzo Giusti-Duodo, in una prospettiva più ampia di valorizzazione delle raccolte e dell’intero complesso monumentale.

Al fine di garantire la continua apertura al pubblico anche in presenza di cantieri, i lavori di restauro e manutenzione degli spazi interni dell’edificio principale sono stati suddivisi in lotti e sono iniziati, nel gennaio 2023, dagli interventi in corso al primo piano (attualmente chiuso al pubblico) che comprendono il rifacimento di una parte degli intonaci interni e degli infissi, la manutenzione dei soffitti lignei, dell’apparato marmoreo delle logge, dei pavimenti alla veneziana e il miglioramento dell’impianto di climatizzazione e di quello illuminotecnico, per poi proseguire con il secondo piano e con la creazione di una nuova entrata del museo dotata di più ampi servizi di accoglienza, degni dello straordinario complesso museale e delle sue prestigiose raccolte.

Allestimenti temporanei sono previsti per le aree aperte al pubblico durante tutte le prime fasi dei lavori e costituiranno l’occasione per rendere meglio nota la collezione permanente nella sua interezza, prevedendo anche l’esposizione a rotazione, accanto ad alcuni dei capolavori più conosciuti, di opere usualmente conservate nei depositi e di nuove acquisizioni

 

Cenni storici sull’edificio e la Galleria

Il Palazzo

La Ca' d'Oro fu fatta costruire da Marino Contarini, ricco mercante veneziano, tra il 1421 e il 1440, che si avvalse di maestranze lombarde, con a capo il milanese Matteo Raverti, e veneziane, guidate da Giovanni Bon e suo figlio Bartolomeo. Accanto all'effetto decorativo di straordinaria leggerezza della facciata, coi celebri trafori gotici delle logge, si volle sottolineare ulteriormente l'effetto cromatico chiamando il pittore francese Jean Charlier (ricordato come Zuane de Franza) a ripassare i marmi colorati e i profili delle parti decorate, con rosso, azzurro oltremarino, nero, biacca e oro, applicando quest'ultimo anche sulle pome sommitali dei pinnacoli del coronamento. Fu tale lo splendore che l'edificio venne chiamato e ricordato, unico a Venezia, non con il nome della famiglia, ma come il palazzo “d'oro”.

 

Il Museo

La storia del museo, inaugurato nel 1927, lega il suo nome al fondatore della Galleria - il barone Giorgio Franchetti (Torino 1865 - Venezia 1922) - che dopo anni di appassionato impegno come mecenate e collezionista, donò allo Stato italiano nel 1916 l’edificio stesso, da lui acquistato e già in parte restaurato, e il nucleo originario delle raccolte d’arte in esso ospitate.
Il prestigioso palazzo - più volte manomesso nel corso dei secoli dopo alienazioni succedutesi già a partire dall’epoca rinascimentale – era stato rilevato infatti, ormai fatiscente, dal barone Franchetti nel 1894, nell’intento di riportare Ca’ d’Oro all’antico splendore e di farne lo scrigno ideale per le proprie collezioni d’arte, comprendenti arredi d’epoca, arazzi, dipinti, sculture e bronzetti. Alla formazione delle raccolte del museo contribuì lo Stato stesso, aggregando al nucleo della donazione Franchetti una importante sezione di bronzi e sculture rinascimentali di area veneta, che annovera pezzi provenienti da complessi ecclesiastici veneziani soppressi o demoliti e altre opere di proprietà demaniale che andarono a completare la quadreria.

 

La Cappella del Mantegna

Primo tra gli interventi interventi museali realizzati all’interno del palazzo da Giorgio Franchetti quando ancora l’edificio e la corte erano interessati da ingenti lavori di restauro, fu la cosiddetta Cappella del Mantegna, con al centro l’immagine del San Sebastianodi Andrea Mantegna. Attorno ad essa il barone ideò un suggestivo vano architettonico, interamente rivestito di marmi. Ispirandosi a modelli veneziani (soprattutto alla chiesa di Santa Maria dei Miracoli), volle riprodurre l'atmosfera di una cappella rinascimentale, idealmente ambientata all'interno di una dimora patrizia.

Sopra un vero e proprio altare è posta la tela, tra le invenzioni più drammatiche dell’artista. Il dipinto affronta la rappresentazione dell’eroe cristiano in termini nuovi e per certi versi sconcertanti, di tragico isolamento individuale. Il santo, trafitto da sedici frecce che lo avvolgono in una sorta di spinosa gabbia tridimensionale, si erge dolente al centro di una nicchia angusta, inquadrato da una cornice in finto marmo. In basso, sulla destra, l’immagine emblematica della candela che ancora lascia spirare un esile filo di fumo; attorno ad essa un cartiglio reca la scritta Nihil nisi divinum stabile est coetera fumus (nulla, all’infuori del divino, è stabile, tutto il resto è fumo) a sottolineare la fragilità della natura umana.

L’opera, acquistata da Franchetti nel 1893, costituisce ancor oggi l'icona del museo, mantenendo inalterata la sistemazione voluta dal proprietario all'interno di un percorso museale che nel corso degli anni ha subito inevitabili modifiche e revisioni.

 

La corte

L’aspetto attuale della corte di Ca’ d’Oro è il frutto di un grande lavoro avviato dal barone Giorgio Franchetti (1865 - 1922) verso la fine dell'Ottocento. Il suo intento era quello di trasformare il prestigioso e degradato edificio tardogotico, acquistato nel 1894, in pubblico museo. Nell'ambito di questo intervento venne ripristinata la scala esterna con arcate a sesto acuto, tipica dell’edilizia antica veneziana, che era stata smantellata già nella prima metà dell'Ottocento e fu poi ricomposta recuperandone in parte i frammenti originali. Vennero anche restaurati il portale e il coronamento e fu recuperata sul mercato antiquario l’originaria vera da pozzo, scolpita nel 1427 da Bartolomeo Bon. L'elemento tuttavia più suggestivo rimane l'atrio porticato, dove la scansione delle colonne si accorda con le ricche policromie del mosaico pavimentale, ideato dal barone stesso, e con il rivestimento marmoreo delle pareti.
L'insieme era stato progettato come sontuoso lapidario, destinato ad accogliere la collezione di sculture antiche. Nella scelta delle tecniche decorative e nella preziosità dei materiali si voleva sintetizzare quell'idea atemporale di "bellezza veneziana" che l'intero palazzo doveva incarnare dopo il suo restauro otto-novecentesco. 

Nel braccio corto è esposto un Busto virile antico, ispirato alle opere di Prassitele, proveniente dalla collezione Franchetti. Qui, verso la calle, un cippo in porfido segna il luogo in cui riposano le ceneri di Giorgio Franchetti, a ideale custodia dell’edificio e delle sue sorti.

Nel braccio lungo che affaccia sul canale e che si apre sul fondo sull'atrio di approdo, sono collocate due sculture: una Flora di epoca cinquecentesca proveniente dalla raccolta Franchetti e un gruppo neoclassico di Rinaldo Rinaldi, allievo e collaboratore di Canova, raffigurante Il centauro Chirone che insegna ad Achille a suonare la cetra

Di notevole interesse è anche la facciata interna prospiciente la corte, sulle cui pareti sono infisse patere e formelle di stile veneto-bizantino provenienti da diversi edifici veneziani
 

Il mosaico pavimentale

Le geometrie del pavimento in opus sectile vennero disegnate personalmente da Giorgio Franchetti e sono ispirate principalmente agli esempi delle basiliche veneziane. Ma non solo, molti sono anche gli elementi di contatto con le decorazioni cosmatesche delle chiese del Lazio del XII e XIII secolo, a loro volta riprese da esempi bizantini: tipici dei pavimenti cosmateschi sono in particolare i motivi a grandi dischi e nodi curvilinei. L'insieme si configura come una vera e propria "collezione" di marmi antichi, audacemente riambientata in uno spazio esterno. Per realizzare l’opera Franchetti raccolse instancabilmente frammenti lapidei pregiati da cui ricavare le tessere musive. Fece arrivare marmi antichi soprattutto da Roma, preferendo quelli più rari e preziosi (porfidi, serpentini, diaspri, alabastri), ed egli stesso, chino sul pavimento, si preoccupò di accostare e collocare ogni singolo pezzo in base al disegno da lui stesso progettato.

 

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ENG - Short history of Ca' d'Oro and its Museum

 

The Palace

The Ca' d'Oro was built by Marino Contarini, a rich Venetian merchant, between 1421 and 1440, who made use of Lombard workers, headed by Matteo Raverti from Milan, and Venetian workers, led by Giovanni Bon and his son Bartolomeo. Alongside the extraordinarily light decorative effect of the facade, with the famous Gothic openwork of the loggias, the chromatic effect was further underlined by calling the French painter Jean Charlier (remembered as Zuane de Franza) to brush up the coloured marbles and the profiles of the decorated parts, with red, ultramarine blue, black, white lead and gold, applying the latter also to the top of the pinnacles of the crown. Such was the splendour that the building was named and remembered, unique in Venice, not with the name of the family, but as the "golden" palace.

 

The Museum

The history of the museum, inaugurated in 1927, links its name to the founder of the Gallery - Baron Giorgio Franchetti (Turin 1865 - Venice 1922) - who after years of passionate commitment as patron and collector, donated the building itself, purchased and restored by him, and the original nucleus of the art collections housed in it, to the Italian State in 1916.

The prestigious palace - which had been tampered with several times over the course of the centuries after successive disposals as early as the Renaissance period - had in fact been taken over, now dilapidated, by Baron Franchetti in 1894, with the intention of restoring Ca' d'Oro to its former glory and making it the ideal treasure chest for his art collections, including period furnishings, tapestries, paintings, sculptures and small bronzes. The State itself contributed to the formation of the museum's collections, adding to the nucleus of the Franchetti donation an important section of Renaissance bronzes and sculptures from the Veneto area, which includes bronzes and marble reliefs from suppressed or demolished Venetian ecclesiastical complexes and other state-owned works that completed the picture gallery.

 

The Mantegna Chapel

The first of the interventions carried out in the palace by Giorgio Franchetti and the heart of the collection was the so-called Cappella del Mantegna, with the image of Saint Sebastian in the centre. Around it the Baron designed an evocative architectural space, entirely covered with marble. Inspired by Venetian models (especially the church of Santa Maria dei Miracoli), he wanted to reproduce the atmosphere of a Renaissance chapel, ideally set inside a patrician residence. Above a real altar is the canvas, one of Mantegna's most dramatic inventions. The work, purchased in 1893, is still today the icon of the museum.

The martyrdom of Saint Sebastian

Andrea Mantegna had already tackled the theme of the martyrdom of Saint Sebastian in his paintings (today at the Kunsthistorisches Museum in Vienna and the Louvre). The painting in Ca' d'Oro deals with the representation of the Christian hero in new and somewhat disconcerting terms, of tragic individual isolation. The saint, pierced by sixteen arrows that wrap him in a sort of thorny three-dimensional cage, stands grievously in the middle of a narrow niche, framed by a fake marble frame. Below, on the right, the emblematic image of the extinguished candle that still lets a thin thread of smoke blow; around it, a scroll bears the inscription Nihil nisi divinum stabile est coetera fumus (nothing, except the divine, is stable, everything else is only smoke), to underline the fragility of human nature.

 

The Courtyard

Today the courtyard of Ca' d'Oro is the result of a great work started by Baron Giorgio Franchetti (1865 - 1922) towards the end of the 19th century. His intention was to transform the prestigious and degraded late Gothic building, purchased in 1894, into a public museum. Also the external typical staircase with pointed arches was restored: it had already been dismantled in the first half of the nineteenth century and was recomposed, partly recovering the original fragments. The portal and the crowning were also restored. The original wellheaded mantelpiece, sculpted in 1427 by Bartolomeo Bon, was recovered on the Parisian antique market. The most striking element, however, remains the porticoed atrium, where the scansion of the columns matches the rich polychromy of the floor mosaic, designed by the Baron himself, and the marble covering of the walls.

The porticoed atrium  was designed as a sumptuous lapidary to house the collection of ancient sculptures. In the choice of decorative techniques and the preciousness of the materials, the aim was to synthesize the timeless idea of "Venetian beauty" that the entire palace was to embody after its nineteenth- and twentieth-century restoration.

In the short arm there is an antique virile Bust, inspired by the works of Prassitele. Here, towards the calle, a porphyry memorial stone marks the place where Giorgio Franchetti's ashes rest.

In the long arm that overlooks the canal and opens up at the bottom of the landing atrium, there are two sculptures: a 16th century Flora from the Franchetti collection and a neoclassical group by Rinaldo Rinaldi, a pupil and collaborator of Canova, depicting the centaur Chirone teaching Achilles to play the cithara.

 

The floor mosaic

The geometries of the opus sectile floor were personally designed by Giorgio Franchetti and are mainly inspired by the examples of Venetian basilicas. There are also many elements of contact with the cosmatesque decorations of the churches of Lazio in the 12th and 13th centuries, in turn taken from Byzantine examples: typical of cosmatesque floors are in particular the motifs with large discs and curvilinear knots. The whole floor is configured as a real "collection" of antique marbles. To create the work Franchetti collected precious stone fragments in order to make mosaic tesserae. He brought antique marbles above all from Rome, preferring the rarest and most precious ones (porphyry, serpentine, jasper, alabaster), and he himself, bent over the floor, took care of matching and placing each single piece according to his own design.

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FRE - Brève histoire de la Ca' d'Oro

 

Le Palais

La Ca' d'Oro a été construite par Marino Contarini, un riche marchand vénitien, entre 1421 et 1440, qui a fait appel à des ouvriers lombards, dirigés par Matteo Raverti de Milan, et à des ouvriers vénitiens, dirigés par Giovanni Bon et son fils Bartolomeo. En plus de l'effet décoratif extraordinairement léger de la façade, avec les fameuses ouvertures gothiques des loggias, l'effet chromatique a été encore souligné en faisant appel au peintre français Jean Charlier (dont on se souvient comme Zuane de Franza) pour brosser les marbres colorés et les profils des parties décorées, avec du rouge, du bleu outremer, du noir, du blanc de plomb et de l'or, en appliquant ce dernier également sur le sommet des pinacles de la couronne. La splendeur était telle que le bâtiment a été nommé et rappelé, unique à Venise, non pas avec le nom de la famille, mais comme le palais "d'or".

 

Le Musée

L'histoire du musée, inauguré en 1927, lie son nom au fondateur de la galerie - le baron Giorgio Franchetti (Turin 1865 - Venise 1922) - qui, après des années d'engagement passionné en tant que mécène et collectionneur, a fait don à l'État italien, en 1916, du bâtiment lui-même, acheté et restauré par lui, et du noyau original des collections d'art qui y sont abritées.

Le prestigieux palais - qui avait été plusieurs fois remanié au cours des siècles après des cessions successives dès la Renaissance - avait en effet été repris, aujourd'hui délabré, par le baron Franchetti en 1894, dans l'intention de redonner à Ca' d'Oro sa gloire d'antan et d'en faire le coffre-fort idéal pour ses collections d'art, notamment le mobilier d'époque, les tapisseries, les peintures, les sculptures et les petits bronzes. L'État lui-même a contribué à la constitution des collections du musée, en ajoutant au noyau de la donation Franchetti une importante section de bronzes et de sculptures de la Renaissance provenant de la région de la Vénétie, qui comprend des bronzes et des reliefs en marbre provenant de complexes ecclésiastiques vénitiens supprimés ou démolis et d'autres œuvres appartenant à l'État qui ont complété la galerie de tableaux.

 

La Chapelle de Mantegna

La première des interventions réalisées dans le palais par Giorgio Franchetti et le cœur de la collection fut la chapelle dite de Mantegna, avec l'image de Saint Sébastien au centre. Autour d'elle, le baron a conçu un espace architectural évocateur, entièrement recouvert de marbre. Inspiré par des modèles vénitiens (notamment l'église de Santa Maria dei Miracoli), il voulait reproduire l'atmosphère d'une chapelle de la Renaissance, idéalement située à l'intérieur d'une résidence patricienne. Au-dessus d'un véritable autel se trouve la toile, l'une des inventions les plus dramatiques de Mantegna. L'œuvre, achetée en 1893, est encore aujourd'hui l'icône du musée, conservant inchangée la disposition souhaitée par le propriétaire au sein d'un itinéraire muséal qui a subi au fil des ans d'inévitables changements et révisions.

Le martyre de Saint-Sébastien

Andrea Mantegna avait déjà abordé le thème du martyre de Saint-Sébastien dans ses peintures d'aujourd'hui au Kunsthistorisches Museum de Vienne et au Louvre. Le tableau de Ca' d'Oro traite de la représentation du héros chrétien en termes nouveaux et quelque peu déconcertants, d'un tragique isolement individuel. Le saint, transpercé par seize flèches qui l'enveloppent dans une sorte de cage épineuse en trois dimensions, se tient gravement au milieu d'une niche étroite, encadrée par un faux cadre de marbre. En bas, à droite, l'image emblématique de la bougie éteinte qui laisse encore souffler un mince fil de fumée ; autour, un parchemin porte l'inscription Nihil nisi divinum stabile est coetera fumus (rien, sauf le divin, n'est stable, tout le reste est de la fumée), pour souligner la fragilité de la nature humaine.

 

Le cour

La comparution actuelle de la cour de Ca' d'Oro est le résultat d'un grand travail commencé par le baron Giorgio Franchetti (1865 - 1922) vers la fin du XIXe siècle. Son intention était de transformer le prestigieux bâtiment dégradé de style gothique tardif, acheté en 1894, en un musée public. Dans le cadre de cette intervention, l'escalier extérieur à arcs brisés, typique de l'ancien bâtiment vénitien, a été restauré. Il avait déjà été démantelé dans la première moitié du XIXe siècle et a ensuite été recomposé, en récupérant en partie les fragments d'origine. Le portail et le couronnement ont également été restaurés, et la cheminée d'origine à tête de puits, sculptée en 1427 par Bartolomeo Bon, a été retrouvée sur le marché des antiquités parisiennes. L'élément le plus frappant reste cependant l'atrium à portique, où la scansion des colonnes s'accorde avec la riche polychromie de la mosaïque du sol, conçue par le baron lui-même, et le revêtement de marbre des murs.

L'ensemble a été conçu comme un somptueux lapidaire, destiné à abriter la collection de sculptures anciennes. Dans le choix des techniques décoratives et la préciosité des matériaux, il s'agissait de synthétiser l'idée intemporelle de la "beauté vénitienne" que devait incarner tout le palais après sa restauration aux XIXe et XXe siècles.

Dans le bras court se trouve un Buste viril antique, inspiré des œuvres de Prassitele, de la collection Franchetti. Ici, vers la calle, une pierre commémorative en porphyre marque l'endroit où reposent les cendres de Giorgio Franchetti, en tant que garde idéale de l'édifice et de son destin.

Dans le long bras qui surplombe le canal et qui s'ouvre au bas de l'atrium du palier, il y a deux sculptures : une Flore du XVIe siècle de la collection Franchetti et un groupe néoclassique de Rinaldo Rinaldi, élève et collaborateur de Canova, représentant Le centaure Chirone apprenant à Achille à jouer de la cithare.

La façade intérieure donnant sur la cour est également très intéressante, sur les murs de laquelle sont encastrés des patères et des panneaux de style vénitien-byzantin provenant de divers bâtiments vénitiens.

 

La mosaïque de sol

Les géométries du sol en opus sectile ont été personnellement conçues par Giorgio Franchetti et sont principalement inspirées des exemples de basiliques vénitiennes. Mais ce n'est pas tout, il y a aussi de nombreux éléments de contact avec les décorations cosmatesques des églises du Latium des XIIe et XIIIe siècles, elles-mêmes tirées d'exemples byzantins : les sols cosmatesques sont notamment caractérisés par des motifs à grands disques et à nœuds curvilignes. L'ensemble est configuré comme une véritable "collection" de marbres anciens, audacieusement installée dans un espace extérieur. Pour créer l'œuvre, Franchetti a inlassablement recueilli des fragments de pierres précieuses à partir desquels il a fabriqué des tesselles en mosaïque. Il fit venir de Rome surtout des marbres antiques, en préférant les plus rares et les plus précieux (porphyre, serpentine, jaspe, albâtre), et lui-même, penché sur le sol, s'occupait d'assortir et de placer chaque pièce selon son propre dessin.

 

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Cenni storici

Il palazzo fu fatto costruire, a partire dal 1421, dal  ricco mercante veneziano Marino Contarini sull' area di una precedente dimora veneto bizantina, divenuta di sua proprietà.

Alla realizzazione della celebre casa da stazio sul Canal Grande collaborarono importanti artefici, quali Marco d'Amadio (probabilmente il progettista, ancorchè il risultato d’insieme sia da imputare a una diretto impegno dello stesso committente), maestranze lombarde capeggiate Matteo Raverti (già attivo nella fabbrica del Duomo di Milano), gli scultori Giovanni e Bartolomeo Bon, nonchè  il pittore “Zuane de Franza" cui si deve la doratura di alcuni elementi archittonici della facciata che diede il nome all’edificio, oggi andata del tutto perduta assieme alle ricche decocrazioni policrome che la completavano. 
Un libro dei conti di Marino Contarini, conservato all' Archivio di Stato di Venezia, permette di seguire i lavori del cantiere, attivo per circa un quindicennio, e di rintracciare le varie personalità impegnate nell'impresa.

Ricostruita sulla vecchia pianta a portego della precedente dimora, con grande effetto innovativo, furono aggiunte le tre logge sovrapposte: più semplice quella della riva d' acqua, con una diversa decorazione delle polifore le due dei piani superiori. Il coronamento a guglie di altezze alternate, che sormonta il cornicione, costituisce un ultimo aereo diaframma. 
Tutta la facciata è rivestita di marmi leggermente venati, con tenui gradazioni di toni, ed è  profilata, nelle partiture architettoniche, da inserti in marmo rosso di Verona, utilizzato anche in tre colonnine della seconda loggia.

Dalla parte di terra, un alto muro merlato separa la calle dalla corte , cui si accede da un imponente portone sormontato da un angelo che sorregge lo stemma Contarini.

Divisa dopo la morte del Contarini tra gli eredi, la Ca d' Oro passò in mani diverse subendo trasformazioni interne che ne determinarono un forte degrado. Verso la fine dell' Ottocento venne restaurata da Giovanni Meduna che vi aggiunse parti incongrue, soprattutto in facciata, e demolì diverse strutture interne originali.
Acquistata nel 1894 dal barone Giorgio Franchetti, la Ca' d' Oro venne liberata dalle superfetazioni storicistiche imposte dal Meduna e riportata negli interni, per quanto possibile, allo stato quattrocentesco con l' aggiunta, nel portico terreno, del mosaico pavimentale, realizzato su modello dei mosaici marciani e del rivestimento bicromo in marmo bianco e rosso delle pareti.

 

 

Con ItalyArt è possibile una visita virtuale alla Galleria Franchetti alla Ca' d'Oro

Breve chiacchierata a Sempre Verde (Rete4) con Daniela Sardella

 

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